Il calcio femminile in Russia ed i pregiudizi sulle donne
Lei si chiama Elena, ed è una delle maggiori rappresentanti del pallone al femminile in Russia. Elena Fomina, infatti, può ben dire di vantare un curriculum di tutto rispetto. Ha vinto il campionato femminile russo nel 2001, è giunta al secondo posto nel 2002 ed al terzo nel 2003 con due squadre diverse, il CSK VVS ed il LADA; ha conquistato la coppa di Russia nel 2002.
Maestro onorato, ma sostituita
Da allenatrice, è stata alla guida di tre diverse squadre femminili di club; dal 2015 al 2020 ha allenato la nazionale femminile russa. Nel 2012, infine, è stata insignita del titolo di “Maestro onorato dello sport russo”.
Elena è stata di recente sostituita sulla panchina della rappresentativa nazionale femminile russa da Yuri Krasnozhan, tecnico cinquantasettenne che allenerà le ragazze della Russia fino al 2022. Ciò, a quanto pare, a causa del fatto di essere allo stesso tempo l’allenatrice della società di calcio femminile Lokomotiv di Mosca.
Nessuna polemica particolare, da parte di Elena, riguardo l’avvicendamento, avvenuto dopo cinque anni e tre mesi, proprio alla vigilia dello spareggio decisivo con il Portogallo per decidere se le ragazze della Russia il prossimo anno potranno partecipare al campionato europeo 2022;“non c’è risentimento contro la RFU”; le sue parole.
A prescindere dal motivo, in ogni caso un boccone amaro da ingoiare.

Io non parlo con le donne
Lui si chiama Andrej Kobelev, ed è un ex giocatore della Russia sovietica, ed ora allenatore. La sua carriera di giocatore si è svolta principalmente in Russia negli anni ’80 e ’90, fra Mosca e San Pietroburgo, con un’incursione in Spagna, nel Betis di Siviglia. Nove le presenze nella nazionale sovietica under 21, con due gol all’attivo, ed una sola presenza nella nazionale maggiore. Non è certo il suo curriculum ad attrarre l’attenzione.
Più che altro, sono le sue recenti affermazioni. Già, perchè non si può dire che siano improntate alla più spiccata modernità. In una recente intervista su You Tube, infatti, si è lasciato andare ad affermazioni di questo tono: “Come comunicare con le donne sui temi del calcio ? Non comunico con le donne !”
Siamo indubbiamente in una fase di crescita del calcio femminile, ma forse “crescita” non rende abbastanza. Sarebbe meglio definirlo un “outing”, nel senso che il calcio delle donne sta finalmente riuscendo ad uscire dall’oscurità in cui era stato volutamente gettato nei decenni precedenti.
I nomi delle calciatrici cominciano a circolare, le conosciamo attraverso i loro libri, i siti web, i social, ed alcune di loro vengono perfino invitate nelle trasmissioni televisive a commentare il cosiddetto “calcio che conta” (quello maschile, insomma).
Ed è così non solo da noi, ma anche in moltissimi paesi esteri, Russia compresa. Il calcio femminile mostra finalmente di che pasta è fatto, ottiene piano piano l’attenzione che merita. Va da sé che, in un trend del genere, le affermazioni ottengano una risonanza maggiore su tutti i media.
E così è anche per le frasi, davvero brutte, di Kobelev a proposito delle donne. Ma cosa vuol dire: “io con le donne non comunico”? Non vuol dire: “non riesco a comunicare”.
Qui il significato è piuttosto: “io con le donne non ci parlo volontariamente”, tanto è vero che Kobelev prosegue con “se chiama una ragazza per un’intervista, rispondo: ci sono uomini li??”. Il problema quindi non è legato ad un’incapacità di comunicare, ma ad una non volontà di farlo.
Un’inquietante punto di vista
Poi, penso a me stesso: io in genere non voglio comunicare, ad esempio, con qualcuno che mi ha fatto del male in passato. Ma a pensarci bene, io non parlo nemmeno con i gatti, i cani, e non mi soffermo a conversare con un ragno che per avventura cammini sul muro del mio soggiorno. E non per cattiveria, ma perchè semplicemente non mi capirebbero, non hanno i mezzi per farlo: perchè da questo punto di vista sono specie biologicamente inferiori.

E qui si comprende la portata dell’affermazione del giocatore russo. Perchè viene il sospetto che lui ritenga le donne una specie diversa da quella maschile, inferiore. Kobelev dice anche, in effetti: “penso che una donna non possa capire il calcio”.
Insomma non possono, poverine, proprio non ce la fanno. Non è colpa loro, se non comprendono i segreti che stanno dietro ad un fenomeno semplice come una sfera che rotola su un bel prato verde. Sono limitate.
E così un uomo chiude gli occhi di fronte all’evidenza di un fenomeno di massa che sancisce che, dopo un secolo passato nelle retrovie, finalmente le donne possono non solo partecipare al fenomeno calcistico con le loro emozioni, ma crearlo il calcio, con tutte loro stesse.
Mi tornano in mente le parole di Tiziana Pikler, direttrice della testata calcistica femminile “LFootball”: “c’è ancora molto da fare”. Concordo in pieno.
Foto di copertina di jorono by Pixabay