L’intramontabile vizio della violenza

di Marco Tamanti

Quando la violenza arriva da chi non te lo aspetti

…metti una normalissima domenica di un campionato di serie B…” Comincia così il racconto di Valentina Casaroli, ventisettenne giocatrice e responsabile tecnico della Roma Calcio Femminile, squadra che milita nel campionato femminile cadetto di calcio, impegnata domenica 21 febbraio scorso nella trasferta a Pomigliano D’Arco, una delle tante che una squadra di calcio si trova ad affrontare nel corso della stagione.

O meglio, pareva una delle tante. Perchè quella frase sembra l’inizio della cronaca di un tranquillo pomeriggio di calcio, in cui le formazioni si affrontano e danno origine al bellissimo spettacolo che il pallone al femminile dona ai propri appassionati.

Spalti poco tranquilli

Ma a quanto pare, così non è stato. Perchè nel corso della partita pare che qualcosa non sia andato per il verso giusto. Ma non in campo, dove la Roma CF ha battuto la squadra di casa per 4-1. Il problema si è verificato sugli spalti. E la cosa suona oltremodo strana.

Eh sì, perchè in tempi di pandemia, il pubblico sugli spalti non c’è. A causa della terribile malattia, le tribune dei nostri stadi, come del resto quelle degli stadi di tutto il globo, sono desolatamente prive di pubblico. E’ terribile, ma è così: non si può nemmeno più andare ad incitare la propria squadra preferita: una tristezza infinita.

Del resto se sugli spalti non c’è pubblico, non c’è nessuno che incita, ma nemmeno nessuno che possa creare problemi di litigi o violenza di sorta. Si direbbe una situazione tranquilla per forza di cose.

Foto di Pexels by Pixabay

La violenza che non ti aspetti

Eppure, proprio una domenica tranquilla non è stata. Perchè Valentina ha riferito sul suo profilo Facebook di essere stata vittima di quella che a tutti gli effetti suona come un’atto di violenza, e non solo verbale. Lei era in tribuna, e mentre seguiva l’incontro incitando le compagne, pare sia stata insultata, ed a più riprese spintonata, al punto da essere dovuta andare verso il suo posto “con la testa bassa e la coda tra le gambe”.

E poi c’è il fatto che più lascia perplessi: gli autori di questa presunta violenza sarebbero alcuni dei dirigenti del Pomigliano, che avrebbero agito sotto gli occhi delle giocatrici e di altri dirigenti della società campana stessa.

Questo rende il racconto davvero inquietante, perchè significherebbe che chi è incaricato di rappresentare le società calcistiche avrebbe incredibilmente valicato il limite che separa tifo e professione, emozione e ruolo istituzionale.

Intendiamoci, sappiamo che la violenza nel calcio c’è sempre stata; ho superato i cinquant’anni, e da quando seguo il calcio, mi ricordo di fatti di violenza di ogni tipo: Paolo Valenti, che negli anni ’70 ed ’80 conduceva la trasmissione della domenica pomeriggio, “90° minuto” si scagliava molto spesso contro il tifo violento.

Ma nulla cambiava mai: i suoi appelli, come del resto quelli di altri giornalisti “volonterosi”, cadevano regolarmente nel vuoto. Intendiamoci, so bene che eliminare un fenomeno così radicato è difficile. Ma le sanzioni dovrebbero essere il più possibile certe e rapide, se non altro per salvaguardare la sicurezza di chi il calcio lo va a vedere con le migliori intenzioni.

Forse sono stato ingenuo nel credere che il calcio femminile, ancora per molto tempo, fosse destinato a rimanere immune da questo tipo di atteggiamenti. Il fatto riportato dalla Casaroli, infatti, pare smentirmi.

Foto di planet_fox by Pixabay

Fatti da accertare

Stento davvero a credere che una giocatrice sia stata minacciata, e non da dei balordi venuti allo stadio per creare confusione, ma dal personale dirigenziale di una squadra di calcio, cioè coloro che il calcio lo rappresentano, lo portano avanti con fatica tutti i giorni, e che dovrebbero difendere attivamente la sicurezza e la serenità delle ragazze che vanno in campo.

Del resto, a meno di ipotizzare che Valentina Casaroli abbia inventato tutto (e non si capirebbe davvero il perchè), dobbiamo fare i conti con un terribile paradosso: se il fatto fosse accertato, sarebbero coloro che costituiscono l’ossatura del calcio a mettere in atto quei comportamenti che dovrebbero invece contribuire ad arginare.

E la giocatrice aggredita, avrebbe tutto il diritto di sentirsi tradita proprio da quello che dovrebbe essere il terreno, sicuro, su cui muovere i propri passi; l’episodio riferito è triste, e meritevole di attenzione: dovrebbe essere insomma oggetto di attenti approfondimenti. Perchè non è lecito lamentarsi di ciò che fa il pubblico, se non sono le società per prime a bandire i comportamenti “sopra le righe”.

E perchè deve esserci una linea di demarcazione molto netta fra chi la violenza la crea e chi la combatte. E quanto accaduto a Pomigliano D’Arco il 21 febbraio scorso, nell’interesse della società e della giocatrice coinvolte, deve essere accertato con precisione.

Perchè se un tale fatto è accaduto, non deve ripetersi. Mai più.

Foto di copertina di Counselling by Pixabay

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