Il Lugano Femminile alla ricerca di se stesso
Le due guardie di confine mi fanno un gesto rapido col capo, senza smettere di parlare tra loro. Era da tanto che non passavo il valico a Gaggiolo, per andare a Lugano.
Mi è sempre piaciuta l’eleganza di questa città. Fin da bambino, in quelle rare occasioni in cui mi ci portavano, venivo colpito dalla sua atmosfera particolare. Stavolta però niente passeggiata sul lago, ciò che mi porta lì è la passione scoppiata di recente dentro di me per il calcio femminile.
Una passione inevitabile
Già, la passione è per me inevitabile, per un movimento calcistico che, a livello mondiale, ormai sta facendo passi via via più importanti. Per me non è neppure questione di serie maggiori o minori; ed a pensarci bene, non è nemmeno una questione di nazionalità, visto che la mia auto sta correndo sulle strade rossocrociate.
No, il calcio delle donne mi cattura, sempre e dovunque. E poi, la conferenza stampa dell’FC Lugano Femminile del 24 agosto non è stata un appuntamento qualunque. Un po’ perchè ha visto la presenza di tre persone fondamentali, per la compagine Luganese, il direttore generale Michele Campana, il direttore sportivo Beatrice Girelli ed il tecnico Andrea Antonelli, proveniente dalle giovanili del Monza.
Un po’ perchè è avvenuta dopo lo stop per una pandemia che ha travolto tutto e tutti, come un’onda anomala surreale. Il lockdown in Italia è stato feroce ma necessario, i suoi segni sono ancora dentro di me, e non so quando se ne andranno.
Così anche il calcio mondiale è stato ferito in profondità. E quando Campana parla di ripartenza, questa parola assume una profondità diversa, ha un suono più pesante. Ma pur sempre di ripartenza si tratta, e il ricominciare è sempre un momento importante, a patto che chi si occupa di riavviare un progetto abbia i mezzi e la serietà per farlo.

Una conferenza stampa significativa
E l’impressione che deriva da questa conferenza stampa è certamente positiva. Lo si percepisce, tra l’altro, dal tono pacato ma deciso in cui viene sinteticamente esposta la situazione e viene delineato il programma per migliorarla.
Insieme all’amico che ho coinvolto in questa incursione in Ticino, pago cash i biglietti al botteghino. Forse anche per questo mi piace il calcio femminile; mi fa tornare alla mente il calcio maschile di tanti anni fa, un calcio certamente meno sfavillante, ma fatto più di impegno e serietà che di notizie squillanti.
Il tempo di mangiare qualcosa al bar, di fare qualche chiacchiera e la partita inizia. Mentre le ragazze del Lugano entrano sul terreno di gioco, mi risuona nella mente la frase detta dal dottor Campana all’inizio della conferenza: “…a livello di diritto del lavoro il calcio femminile è ritenuto professionistico sia in serie A che in serie B; un paradosso, poiché la maggior parte delle giocatrici paga per giocare…”.
Professioniste a parole
Farebbe sorridere, se non fosse il segno principale e più evidente di una discriminazione in atto nei confronti delle calciatrici, e non solo sul territorio elvetico, ma nella maggior parte dei paesi nel mondo. Difficile del resto fare emergere i talenti, quando il fatto di giocare è lasciato alla tenace volontà delle ragazze e delle loro famiglie, più che al fatto di premiare il merito sportivo con un salario adeguato. Ti chiamano professionista, ma sei di fatto una dilettante che gioca ad alti livelli.

Foto di Ben_Kerckx by Pixabay
Al di là di tanti discorsi, quindi, il tuo impegno non è premiato dal sistema del calcio. E di impegno ne ho visto tanto da parte delle ragazze del Lugano, sfavorite dal fatto di essere state spesso gettate nella mischia in questo momento di emergenza della rosa di una squadra nata sulle ceneri della gestione precedente. E l’inesperienza si vede subito dalla papera del portiere che spiana la strada ad un Grasshopper che è certamente una formazione più navigata.
Mi colpisce il silenzio degli spalti, interrotto solo dai tamburi di due tifosi del G.Z., cui fa da contrappunto la voce di una coraggiosa ragazzina, che al tacere dei tamburi avversari, grida a piena voce il nome del Lugano…arriverà un giorno anche il tifo organizzato, tutto a suo tempo. La partita non ha molta storia: del resto, quando le atlete di Zurigo si ricordano che sanno anche tirare bene da lontano, non c’è più spazio per le speranze.
Un pensiero fondamentale
Alla fine della partita, lo speaker ringrazia gli ottanta spettatori presenti. Mentre mi avvio all’uscita, penso all’altra frase detta in conferenza da Campana: “…è per noi un atto dovuto quello di intervenire anche nel settore femminile…crediamo nell’inclusione, crediamo che a giocare a calcio non debbano essere solo gli uomini, ma anche le ragazze e le donne…perchè vogliamo essere una società moderna, e a mio avviso in questo momento, una società moderna di calcio deve avere anche un settore femminile all’altezza…”
Ciò detto, non resta molto da aggiungere…allora, forza Lugano…
Foto di copertina di Gregor by Pixabay