Simboli

di Marco Tamanti

L’importanza dei simboli per il calcio femminile del futuro

E’ bello, quando succede. E ci si augura che si verifichi di frequente. Abbiamo bisogno di questo tipo di notizie, noi appassionati di calcio, in particolare noi che siamo stati felicemente catturati nell’orbita del calcio delle donne. Abbiamo bisogno di riferimenti, di simboli.

E lei lo è, ed in molti sensi. Lo è perchè gioca bene. Lo è perchè gioca nella nazionale carioca dall’ormai lontano 2002. Lo è perchè, fra Sudamerica, USA ed Europa, ha vestito la maglia di ben undici squadre di club diverse, ed attualmente fa parte della squadra degli OL Reign, negli USA, paese dove attualmente si gioca probabilmente il miglior calcio, per quanto concerne le donne.

Icone del calcio

Marta Vieira da Silva, per tutti semplicemente Marta, è indubbiamente, fra le calciatrici tutt’ora in attività, una delle più iconiche. E come tale, destinata ad ispirare le generazioni future.

Già, per le generazioni future servono simboli concreti, più che discorsi, e lei concreta lo è davvero, non solo in campo (due palloni d’oro ai campionati mondiali ed oltre 260 gol fra campionati e nazionale brasiliana, per citare solo una parte del suo curriculum sportivo), ma anche fuori.

Non per nulla, è stata la prima calciatrice brasiliana ad entrare nella “hall of fame” del leggendario stadio Maracanà di Rio De Janeiro.

La sua dichiarazione, quando nel 2018 le furono prese le impronte dei piedi, come da rituale per chi entra nella leggenda del calcio brasiliano, è stata: “Sono felice di questo riconoscimento, è incredibile. Rappresenta tutte le ragazze e le donne che si battono nello sport in generale. Spero che non sarò l’unica e che altre donne lasceranno impronte qui. Lo sport è cultura, ti insegna valori.

Sì, i valori. Parola che nel calcio milionario non si sente molto nominare, da parte di quelli che sono considerati i suoi simboli, ed è un peccato. Perchè a volte si ha la sensazione che il tutto si riduca ad un’esibizione di potenza muscolare e tecnica, che suscita emozioni violente e violente polemiche, ma che poi finisce per essere fine a sé stessa.

Foto di stux by Pixabay

I simboli e i valori

Invece sulle labbra delle calciatrici questa parola passa spessissimo, e non è una posa, tanto per farsi belle. Lo senti dal tono della voce, lo capisci dal modo in cui lo dicono. Marta aveva chiuso la sua dichiarazione dicendo “che il suo obiettivo è quello di aiutare”, riferendosi al periodo successivo a quando cesserà la sua attività di calciatrice.

Già, simboli. Non posso non pensare a Carolina Morace, prima calciatrice italiana ad entrare nella “hall of fame” di casa nostra. E’ stata grandissima come calciatrice, e poi ha proseguito il suo lavoro come formatrice, tecnico, e più recentemente come scrittrice. Ha raccontato sé stessa perchè chi verrà dopo di lei possa comprendere meglio quella che è stata la sua esperienza di vita, quelle che sono state le difficoltà e ciò che l’ha spinta a fare del calcio la sua vita.

Foto di Pavellllllll by Pixabay

Carolina è uno dei simboli fondamentali per il calcio delle donne, e non solo italiane. Ha avuto il coraggio di impegnarsi in esperienze al di fuori dei confini nazionali, per poi tornare in Italia ad allenare. Forse il suo ruolo ora è ancora più importante di quanto lo fosse ai tempi della quaterna rifilata alle inglesi al Wembley Stadium.

Al di là del calcio: simboli del cambiamento

Oppure viene spontaneo pensare ad Abby Wambach, che è andata al di là dello stretto ambito calcistico, quando ha scritto “Un branco di lupe”, libro in cui va ad indicare addirittura l’atteggiamento con cui le donne del futuro, e non solo quelle di sport, dovranno interpretare l’esistenza per poter finalmente ricoprire i ruoli che spettano loro.

Queste donne stanno segnando un periodo che vede un cambio profondo nel calcio e nella società in generale. E stanno fungendo da “boe” di orientamento per coloro che vorranno seguirne le orme. Hanno avuto il coraggio di seguire la loro natura, la loro passione al di là di tutto, sfidando le loro stesse paure, in un contesto che le vedeva sfavorite a causa di mancanza di opportunità di accesso, di interesse da parte dei media, ma soprattutto impegnandosi a ribaltare pregiudizi antichi e duri a morire.

E finalmente stanno poco a poco riuscendo a rompere quel diaframma che separa il calcio delle donne, e lo sport delle donne in generale, dalla condizione di parità in cui merita di essere.

Foto di copertina di Comfreak by Pixabay

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