Un libro interessante per meglio capire il giocare a calcio al femminile
Ammetto che quando ho acquistato il libro, sono rimasto perplesso. Non dico che mi attendessi un tomo della Treccani, ma non pensavo che le dimensioni fossero così ridotte. Questo piccolo libro ha l’indubbio vantaggio di essere letto velocemente (che non vuol dire di fretta).
Il giocare a calcio da parte delle donne, suscita timore
Infatti sono centonove piccole pagine, e dire che parlano di calcio è inesatto, o perlomeno incompleto. Perchè se è vero che tutto il testo è imperniato sulla tematica del calcio femminile, è altrettanto vero che questo libro è più che altro un testo sulla condizione femminile in generale e l’analisi della situazione del calcio femminile null’altro è, se non un aspetto particolare di un modo di vedere la donna che nella nostra società ancora permane.
Nella prima parte, che analizza i primi tentativi del calcio femminile di conquistarsi un suo spazio, nel lontano 1933, viene descritto molto bene il modo di vedere la donna in quella fase storica: una femmina un po’ “impedita”, che da un lato va protetta, dall’altro va arginata nella sua azione, forse per impedire gli esiti “sconvenienti” di una sua eventuale emancipazione.
Giocare come esibizione del corpo
Del resto ancora negli anni ’60 la visione della questione femminile non era molto mutata, tant’è vero che “il calcio femminile…non riusciva a scrollarsi di dosso l’idea che, al massimo, le donne nel calcio potevano fare avanspettacolo, ma non spettacolo e che la destinazione pubblica delle loro gambe era quella del teatro di rivista, e non quella delle fasce laterali”.

“Giocare con le tette” non si lancia in invettive, non alza la voce: lascia che siano i fatti, ed i documenti che li hanno spesso accompagnati, a mostrare una realtà che è tutto fuorchè superata, e che continua, in maniera più sotterranea ma non meno negativa, ad affliggere il mondo dello sport e del calcio in particolare.
Già, perchè il calcio è uno degli ultimi “fortini” in cui il maschio, o un certo tipo di maschio, dimora. Ed è ancora un territorio in cui le donne, bellissime o perlomeno formose, usano il corpo non certo a scopo sportivo, ma per esibirlo, rimanendo fuori dal calcio giocato, per suscitare invece clamore sui rotocalchi prima, e sui social network più di recente.
Di certo un tipo di donna più tranquillizzante, versione più sofisticata di quella che sta dietro i fornelli, una donna incasellata nel ruolo di moglie “sventola” del del calciatore, sexy ed inarrivabile. Meno gestibile è la calciatrice, grintosa ed a volte un po’ androgina, che non propone al maschio morbide curve per farlo sognare, bensì gesti atletici di tutto rispetto, che la fanno somigliare, all’occhio di chi guardi in maniera superficiale o viziata dal pregiudizio, tanto simile al maschio stesso.
Giocare a calcio come simbolo
E’ chiaro a mio parere, dai riferimenti contenuti nel testo, che il “giocare” per le donne assume un ruolo simbolico di uscita da una condizione che ha sempre visto nella storia la donna come subalterna al maschio. Il libro in questione non parla di schemi di gioco e di campionesse, tratta di una condizione che le donne del calcio, e non solo, tutt’ora vivono sulla propria pelle, in barba ai discorsi di cambiamento.
Mi chiedo come mai si sia scelto di lasciare anonimo l’autore (o autrice): in ogni caso, questo conferisce fascino al libro. “Giocare con le tette” è un libro da leggere assolutamente: anche se si fosse in disaccordo totale con il contenuto, il confronto sarebbe comunque utile.